L’Isola è un triangolo di terra che si fa dondolare dal Mediterraneo.
È placida, ma sovversiva, gentile e spietata. Contiene senza paura, uno per uno, gli ossimori che ti vengono in mente, perché ha capito che tutto può essere se stesso e il suo contrario, senza bisogno di tante spiegazioni: “accussì è”.
La Sicilia ha sopportato innumerevoli dominazioni straniere, uscendone ogni volta un po’ cambiata, ma sempre intatta. Qui abitano – senza litigare troppo – il mondo pagano, le tracce della cultura musulmana, i miti greci, le superstizioni, l’incondizionata fede cristiana, lo scetticismo, l’anarchia, il fatalismo e la magia.
Sull’Isola esistono più storie che persone. Le storie siedono sulle scalinate delle chiese all’ombra, fanno lunghi bagni in mare, accarezzano i fichi d’india senza farsi male. Mettendo la mano destra a fare ombra sulla fronte e strizzando gli occhi durante la controra, le puoi vedere ballare contro gli orizzonti secchi, fino a quando non si accorgono di te e allora spariscono. Se sei straniero non ti è dato modo di vederle, né capirle fino in fondo. Le puoi solo ascoltare dai siciliani, che ogni tanto sembrano annusare l’aria e catturarne una. La masticano con un movimento quasi impercettibile e la storia li riempie tutti: naso, occhi, fronte, mani. Poi, quando proprio non ci sta più, cominciano a raccontarla, lentamente. Lei esce, si contorce, si gira e si mostra, poi scappa a riposarsi un po’ prima di farsi acchiappare da qualcun altro.
Ho perso il conto delle storie che ho ascoltato qui, di notte o a colazione, in acqua, sui letti, mentre fuori tutto rimaneva immobile e anche il vento andava a soffiare un po’ più in là.
Ci sono animali, marinai, carcerati, padri padroni, donne furbe e bellissime, cose buone da mangiare, voci da ridere con il mal di pancia.
“Aviemu pira ca parunu puma”, urlano i furgoni col microfono, (abbiamo pere che sembrano mele) e dall’altra parte della piazza i più giovani rispondono, con tutta la voce che hanno: “Aviemu i pira, i puma, i patati, i cipuddi, aviemu i piessichiiiiYEAH”.
Nelle strade trafficate, fin dalle prime luci del mattino, il signor P. sistema la sua ape verde piena piena di ortaggi al lato della strada, tira fuori i cartelli scritti a mano con il pennarello, appoggia le spalle e un piede piegato al furgone e aspetta.
La storia dice che quel sabato il signor P. ha venduto tutto, tranne sei peperoni rossi, che iniziano ad avere le rughe dal caldo. Sua moglie, la signora C., lo aspetta a casa, già con il pranzo pronto.
I biezzi, i peperoni, li farà domani, cini e ‘nfunnati.
I peperoni ripieni sono un capolavoro tutto siciliano: il massimo del gusto con la minima spesa. Mollica, caciocavallo ragusano, un pummaroru fatto, l’olio buono, un pugno di ciappirieddi (nooo sani! Tagliuzzati!).
La signora C. mette tutto ad occhio in cucina, mentre la televisione le fa compagnia. C’è però un personaggio che proprio non può vedere e non lo può vedere perché lui guarda lei, insistentemente, sempre, ogni volta che lo inquadrano.
“Du piezzu di malarucatu, Lopez, mi talìa sempre!”(¹)
Alla signora C., Massimo Lopez proprio non va giù.
Dice che la guarda attraverso la televisione, in ogni punto della casa lei si sposti, figuriamoci quando prepara i peperoni ripieni. La punta con gli occhi attraverso la telecamera, fino in cucina e lei non può mai restare in ciabatte o in pigiama, perché non si sente a suo agio.
“Ti dicu ca mi talìa! Cun mia l’avi!”
Perfino il signor P. inizia ad essere un po’ geloso di questa insistenza e presiede lo spazio davanti alla televisione come solo un vero marito sa fare, quando qualcuno tenta di rubargli a mugghieri, la moglie.
Il fatto è che la domenica Massimo Lopez per un pezzo è stato un personaggio fisso dei salotti televisivi, così la signora C. non se lo scrollava di dosso manco il pomeriggio, quando andava a fare visita alle amiche, che puntualmente avevano la tv accesa su canale 5.
“A torna. Macari tu cu du piezzu di malarucatu, chiè ti talìa puri a tia? A mia sempre, nun puozzu stari quieta mancu a casa mia, mancu quannu priparu u manciari!”(²)
La storia va avanti per diversi anni, finché, per fortuna qualcuno della direzione deve essere intervenuto, perché Massimo Lopez è sparito dal cast dei programmi della domenica.
“Furono i piezzi ruossi”, dice la signora C., “accusì s’ansigna, du spertu, a talìari i fimmini!”(³)
I biezzi cini li abbiamo preparati oggi a pranzo. Nel ripieno ci è finita la signora C., la sua storia, le nostre lacrime dal ridere, quel modo tutto siciliano di raccontare muovendo le mani e facendo gli occhi grandi. Poi la storia se n’è volata via e noi abbiamo masticato solo i peperoni, succosi e croccanti – come vogliono gli ossimori siciliani – perché l’unico che non rideva era il forno, tutto preso a fare il suo lavoro.
Ma qui sull’Isola niente è mai troppo cotto: “Chi sunu truoppu bruciati ppa fotografia? Scrivicillo: ciù cuotto è, ciù buonu sapi.”
BIEZZI RUSSI CINI
(PEPERONI RIPIENI ALLA SICILIANA)
6 peperoni ben maturi
180 g di pangrattato
120 g di caciocavallo ragusano grattugiato
un pomodoro grande ben maturo
4 spicchi d’aglio
un pugno di capperi
olio extravergine d’oliva
qualche foglia di basilico
Preparare l’impasto: in una larga ciotola unire il pangrattato, il caciocavallo, strizzare il pomodoro per ricavarne il succo e poi aggiungere la polpa tagliata a pezzettini. Aggiungere gli spicchi d’aglio a pezzetti, i capperi tagliuzzati, qualche foglia di basilico tritata e 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Lavare bene i peperoni, tagliarli a metà. Eliminare i semi e i filamenti rossi, poi disporli sulla teglia del forno. Riempirli con il ripieno, condire con un giro d’olio e infornare a 200° per circa 30/40 minuti.
Sono buonissimi appena sfornati, ma anche tiepidi o freddi.
Aiutini per i nordici:
¹ “Quel pezzo di maleducato, Lopez, mi guarda sempre!”
² “Di nuovo. Pure tu con quel pezzo di maleducato, ma guarda pure te? Mi guarda sempre, non posso stare tranquilla nemmeno a casa mia, nemmeno quando preparo da mangiare!”
³ “Sono stati i pezzi grossi”, dice la signora C., “così impara, quel furbo, a guardare le femmine”
Lascia un commento