Non sono brava a ricominciare. Lo metto nella lista delle cose che non mi riescono e sulle quali lavorare, come piegare il lenzuolo con gli angoli, saltare battendo i piedi insieme di lato o riuscire a terminare una qualsiasi dannata serie tv.
Penso a queste righe più o meno da tutto settembre, da quando l’estate ha deciso di cominciare a fare i bagagli.
Io non li ho mai disfatti per bene: a inizio mese sono scesa dall’aereo siciliano e il giorno dopo ho preso un treno in direzione Venezia, per arrivare da Terry (sì, vi racconterò meglio anche questo).
Quando tutto è finito, ho ricominciato a calpestare e guardare di nuovo Torino.
È stata ad aspettarmi tutto questo tempo e i primi giorni non riuscivo proprio a starle dietro. Poi, con un po’ di fiato corto, ho ripreso il suo passo. Lei mi ha simpaticamente travolto, scuotendomi e non lasciandomi il tempo di metabolizzare, sedermi qui, raccontare.
Così lo faccio ora, in una domenica di sole, mentre la città è impegnata a gestire quel gran casino del Salone del Gusto e non bada a me.
Settembre è il mio mese preferito.
Per anni l’ho riempito di buoni propositi ed elenchi di cose da fare, che compilavo nell’afa di agosto e che puntualmente perdevo fra il vento, il pesce e i cappelli di paglia. Quest’anno, invece, mi sono lasciata trascinare, senza badare troppo alle riflessioni. La lista l’ho fatta lo stesso, però. L’ho scritta con pastelli immaginari sul soffitto di legno, ogni sera prima di chiudere gli occhi e l’ho tenuta sempre strettissima. Si tratta delle cose successe, quelle che si raccontano seduti per terra, con una tazza tra le mani e dimenticando l’orologio.
Partendo da quelle cose, ho provato a distillarle, togliere il superfluo, svestirle e camminarci dentro, fino ad arrivare alle gocce della loro essenza.
- Spegnere il pc. Lo porto? No, non lo porto. Stavolta non lo porto. Che me ne faccio? E metti che poi mi serve e mi viene in mente un post? Posso lasciare C&M da solo tutta l’estate? Lo porto. La bilancia segna 8,4 kg, ci sta.
Ho infilato il pc nel bagaglio a mano, dopo essermi ripromessa di non farlo. L’ho usato per scrivere un post itinerante seduta sul parquet di Fiumicino, dandomi della scema: come avrei potuto lasciarlo a casa? Poi è rimasto nella valigia sotto il letto fino al mio ritorno e io non me ne sono nemmeno accorta. Siamo il risultato di millenni di evoluzioni, sappiamo benissimo adattarci alle sottrazioni, solo che ce lo dimentichiamo un po’ troppo spesso. Quando sono tornata fissa a Torino, l’ho guardato come uno sconosciuto per almeno tre giorni.
Devi afferrare la cerniera e tirarlo fuori da quella dannata tasca nera.
Devi accenderlo, hai delle cose da fare.
Magari domani. Sì, domani lo accendo, giuro. - Ritorni. Sono sempre stata molto brava in questa pratica, non soffro il mal di casa. Sono quella che non vede l’ora di partire, ma dopo un po’ inizia a sentire prurito alla cicatrice del cordone ombelicale. Mai come quest’anno, però, ho capito cosa significa davvero un ritorno. Me l’ha raccontato Elena, che ha vissuto ad Istanbul negli ultimi anni e da poco ha deciso di tornare in Italia. L’ha deciso dopo lunghissimi ragionamenti nudi con se stessa, con le budella che si attorcigliavano, l’anima arrabbiata. Sono sicura che si sente molto più straniera nel suo paese d’origine che ad annusare spezie al Bazar.
Non ci siamo mai lasciate stare a vicenda, per tutta l’estate.
Abbiamo spontaneamente deciso di inviarci le cose in cui inciampiamo, che ci sembra possano servire all’altra. Ci siamo fatte curare da queste righe sul ritorno, ce le siamo spalmate addosso come una crema solare dalla protezione infinita. Da lei ho ricevuto ricette esotiche, articoli intensi, semi di Nigella e i datteri più buoni e dolci del mondo, che ho infilato in questa ricetta e che le somigliano: nascondono un nocciolo lungo e tostissimo. Se te lo dimentichi, puoi dire addio ad un dente in un morso secco. Tutti dovrebbero avere una Elena, appena nascosta dietro l’icona di Whatsapp. - Saper cambiare (come la Camellia Sinensis). Non ho mai frequentato tanto tè come in questo periodo. Il tè mi ha sempre ricordato l’intruglio al sapore finto di limone che ci preparavano le bidelle alle elementari, quando ci veniva il mal di pancia. Sono stata una bevitrice di latte professionista, ma ho appeso il bricco al chiodo qualche tempo fa. Poi sono arrivate le tisane, fiorite e fresche. Infine è arrivata Rosi, che mi ha fregato. Ha iniziato a versarmene giusto un paio di sorsi, mentre io facevo la mia faccia scettica. Mi ha catapultato con grazia in un mondo nuovo e coloratissimo: verde, nero, giallo, verde-azzurro. Ne ho subito assaggiati cinque o sei tipi, per riuscire a cucinare dei biscotti che li prendessero a braccetto e ci girassero in tondo in un cerchio magico, fino a confondersi in un unico, sublime sapore.
La pianta del tè è una e una sola.
Forse voi lo sapevate già, ma a me questa cosa ha incantato. La differenza sta tutta nella sua lavorazione, nel modo in cui decide di cambiare in base al calore, all’essicazione, all’ossidazione.
Rosi è come la Camellia: quando la sento, sta sempre facendo una cosa diversa, che sia tagliuzzare carta o camminare col fiatone per andare a seguire un corso di lavoro. Un giorno ha gli stivali rock, il giorno dopo la coroncina di fiori. Eppure è sempre lei, la narratrice instancabile del giardino di Rose e More. Ci siamo piaciute, praticamente subito. Abbiamo cominciato quasi per scherzo con i corsi base di degustazione e poi le cose si sono moltiplicate. Per adesso, incastriamo i nostri sogni ad occhi aperti fra i suoi turni di lavoro e le mie scadenze universitarie. Una volta al mese ci troviamo da Portmanteau, l’isola che non c’è di Torino, per il Club del Tè. Un posto pieno di vibrazioni e profumi buoni dove si chiacchiera, si fa merenda e ci si scambiano pezzetti di vita e abbracci (pssst, il prossimo è ad ottobre, vorrai mica perdertelo?).
Dal tè ho imparato a non irrigidirmi, ma a lasciarmi invadere e tuffarmi in ciò che arriva.
Assorbire l’acqua, rilasciare la propria natura.
Dare e avere. - Do what you love, love do what you: #septemberlove.
Ho appositamente abusato di amore in questo punto 4. No, non è mai troppo, ma l’ho capito solo col tempo.
Do what you love, fa quello che ami.
Fallo anche se comporta un disastro appena apri la porta di casa. Fallo se ti fa tremare le gambe, ma anche risuonare il battito del cuore nelle tempie. Ho capito esattamente cos’era l’amore per quello che faccio alle 20.07 di domenica scorsa, quando sono tornata e la cucina era un disastro, il lavandino traboccava di piatti sporchi, io avevo la testa leggera, gli occhi appiccicati dalle lenti a contatto ed ero tremendamente felice.
Love what you do, ama quello che fai.
Ho amato tanto essere una piccola parte del Retreat di Gioia Gottini e conoscere le ragazze arrivate da ogni angolo d’Italia per vivere insieme quarantotto ore intense, impegnative ed emozionanti. Ho cercato i migliori ingredienti, quelli più grezzi e naturali, pieni di energia sana per accompagnarle in questo viaggio dentro il loro nuovo anno di lavoro e dentro loro stesse.
Tutte freelance, tutte equilibriste fra web, famiglia, professione, tutte bellissime e piene di progetti entusiasmanti.
Gioia è stata, come sempre, portatrice di tutto il significato del suo nome. Non ha mai perso il sorriso e ha ideato un nuovo modo di lavorare: un modo piccolo eppure potentissimo, personalizzato, rilassante. Questa è la sua lista, molto più professional e ordinata della mia, che mi ha fatto scendere la lacrimuccia.
Tutte loro mi hanno (re)insegnato che le donne hanno quella forza lì e che quando la uniscono e collaborano, possono far cambiare il giro al mondo intero. Le energy balls di questa ricetta sono quelle che ho pensato per i viaggi di ritorno delle ragazze, perché potessero regalare loro una sferzata di buonumore e farle andare più veloce della luce. È stato un gran #septemberlove, ma la testa è già tutta alla prossima puntata dell’8-9 ottobre. Sto già annusando zucche e immaginando biscotti. Ci seguirete online, vero?! 🙂 - Libri. I libri che divoro in estate e puntualmente abbandono a settembre. Le lavatrici, le pedalate, la cena, l’aspirapolvere, il computer, la Canon, i treni si prendono tanto di quel tempo che quando guardo i libri mi viene voglia di annullare tutto, cancellare l’intero giorno dopo, la settimana, il mese intero e infilarmi in un letto a leggere per sempre. Quando a inizio post vi ho detto che non ho fatto buoni propositi, era una bugia bianca. L’enorme buon proposito che aleggia sulla mia testa è quello di trovare il tempo per perdermi nelle pagine, scorrere le righe ordinate e ritagliarmi intensissime letture, spazi fermi nella frenesia quotidiana. La mia lettrice modello è Liz, che ogni giorno mi scrive “sto andando in biblioteca”, perché senza odore di libri non sa stare. Già lo sapete, con lei è nato MangiaPagine: se incrociate una moretta con libri sottobraccio e una bionda con torte impacchettate, siamo noi. In autunno sono tantissimi gli incontri e le merende letterarie per i piccoli lettori…non perdetevi nemmeno una data! Nel frattempo, noi ideiamo nuovi percorsi di cibo e pagine e ieri, a letto, ho assecondato tutte le mie voglie di carta iniziando “La lentezza” di Kundera.
- Qui e ora. Non è vero, non sono diventata una brava mindfulness girl. Ogni tanto mi viene quel peso sulle costole del cosasuccederàcosanesaràdimeoddio. L’ansia del futuro mi tiene ancora gli occhi sbarrati la sera, ma il Rocker fa miracoli con i suoi abbracci stretti. Sto cercando di imparare che non è un reato dire: “Sono stanca”, concedersi dieci minuti di niente assoluto, decidere di passare una domenica pigra. Sto cercando di ascoltare di più il mio corpo, di fare respiri più lunghi e di staccare tutto alle 19 in punto, qualsiasi obiettivo lavorativo della giornata abbia o no raggiunto. Quando il tempo ringhia, io urlo più forte, per fargli capire che non deve sovrastarmi, mettermi pressione. Mi fa ancora paura, ma ho imparato a guardarlo da lontano e a ridimensionarlo, a spezzettarlo, a renderlo più piccolo e quasi innocuo.
- Condividere, conoscere, collaborare e creare. Le quattro c di questo settembre, per riassumere tutto. Condividere le esistenze, i saperi, le cose belle. Conoscere quello che ancora non so, rimanere con i pori aperti, come una spugna, per assorbire quello che c’è fuori. Collaborare e creare insieme, senza smettere mai.
Ci sono volute “le palle” per affrontare questo settembre 🙂 in senso figurato, ma ancor di più in senso pratico, in cucina. Sono le Energy Balls, un concentrato di cose buone, naturalmente dolce, che si fa in dieci minuti.
Ne ho preparate almeno un centinaio e mi hanno dato tutta quell’energia che mi serviva per la ripartenza.
Infilatele in borsa anche voi e state certi che riuscirete ad affrontare il caos di ogni giornata come dei veri supereroi 🙂
Sarà un buonissimo autunno, sapete?
ENERGY BALLS
(ricetta ispirate alle Energy Balls di Jamie Oliver)
Ingredienti per 12 energy balls
100 g di datteri
50 g di mandorle
30 g di fiocchi d’avena
un cucchiaio di cacao
un cucchiaino di cannella in polvere
un cm di curcuma fresca (o un cucchiaino di curcuma in polvere)
farina di cocco per l’impanatura
Denocciolare i datteri e tritarli in un mixer insieme al cacao e alla cannella. Mettere il composto in una ciotola.
Sempre nel mixer, tritare le mandorle con i fiocchi d’avena e aggiungerle all’impasto. Grattugiare la radice di curcuma (usate i guanti per non dipingervi di giallo le dita) oppure aggiungere quella in polvere.
Impastare bene e dividere il composto in 12 palline, aiutandosi con un cucchiaino.
Rotolare le palline nel cocco e riporle in un contenitore a chiusura ermetica.
Si mantengono bene per 4-5 giorni.
Ti leggo e mi sembra di leggere i miei pensieri, un po’ più chiari di quelli che mi frullano in testa, un po’ più limpidi, come limpida sei tu.
Non vedo l’ora di riabbracciarti, luminosa Lucia 🙂
Mi piace questo septemberinlove e mi piace questo continuo ritorno della parola love, di quell’amore che si vede in tutto quello che fai e che è vivo in tutto quello che racconti 🙂 In bocca al lupo per tutto Marzietta :*
Che righe preziosissime, Paola! 🙂 buona fortuna a te, ti tengo d’occhio da qui, dietro lo schermo, ma spero sempre in un nostro incontro live 😉 G R A Z I E.