
Merluzzo
[mer-lùz-zo] s.m.
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1 Grosso pesce marino, di colore grigiastro, dotato di tre pinne dorsali; è tipico dell’Atlantico del nord e le sue carni, molto nutrienti e saporite, si consumano fresche, seccate (stoccafisso) o tagliate a metà e salate (baccalà), mentre dal suo fegato si ottiene un olio (olio di fegato di merluzzo) usato in farmacia
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2 Nome popolare del nasello o di altre specie simili
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3 fig. Persona maldestra, impacciata nei movimenti: è restato lì come un merluzzo
Questo flusso di coscienza parte da una pubblicità estiva in cui un Babbo Natale vestito da marinaio dà pranzo sulla nave ad una banda di atletici ragazzotti.
Il pranzo consiste in un fish burger e il pesce in questione è il merluzzo, definizione al punto 1. La definizione al punto 3, invece, riflette esattamente la mia sensazione quando al supermercato vede il suddetto pranzo, surgelato e nel banco freezer del supermercato: lo prendo, lo giro, leggo, lo rigiro mentre nella mia testa la voce entusiasta della pubblicità annuncia: “Il capitano!”.
Mmmh.
Resto lì, insomma.
Con una faccia decisamente merluzziana, tanto che più volte è capitato che qualche addetto al reparto mi dica: “Signorina, non la vedo convinta”…e no che non lo sono, caro il mio commesso. Non sono convinta proprio per niente. La stessa scena si ripete con i minestroni già pronti o gli spinaci al formaggio belli da mettere in padella o tutte le altre cose fast&furious già pronte. Fast perché veloci son veloci, qualche minuto e si mangia. Furious perché non riesco a fare a meno di pensare che chi opti per questa scelta almeno un po’ incazzato dentro debba esserlo, per non aver voglia di fermarsi e mettere su un piatto di spaghetti, partendo dall’acqua e facendo tutto da sè.
Il flusso di coscienza continua con una tamarrata. Una di quelle cose che segnano in negativo l’adolescenza: la prima volte in discoteca. Bisogna proprio farlo, tanto per rendersi conto. A 14 anni, il punto 3 del dizionario descriveva di nuovo bene la sensazione…tante persone smaniose che si agitano e sudano tutte insieme e io lì, a guardarle un po’ perplessa, merluzziana di nuovo. Una delle prime canzoni unz tunz anni ’90 che usciva da quelle casse diceva qualcosa tipo: “La vie c’est fantastique, pourquoi tu te la complique?“. L’altro giorno, mentre macchinavo l’idea di far da me questi fishburger, mi è tornata in testa da non so che antro sperduto, qui dentro 🙂
Non ho mai capito perché me lo chiedesse in francese e a quel livello di decibel, ma in questi anni di tutt’altra musica ho capito bene la risposta: Je me la complique, sì, perché complicata dà più soddisfazioni 🙂 complicata e meravigliosa, come ogni cosa che merita.
Il flusso di coscienza termina col profumo buono di pesce e con l’impanatura gialla e croccante sotto i denti 🙂
Ingredienti per 4 fish burger:
300 g di filetto di merluzzo fresco
1 spicchio d’aglio
un trito di prezzemolo, rosmarino, timo
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
sale
pepe
1 uovo
pangrattato e farina di mais in parti uguali
Lavare il merluzzo e togliere le eventuali spine rimaste. Scaldare in padella due cucchiai d’olio con l’aglio, il trito di prezzemolo, rosmarino e timo. Cuocere il pesce, aggiustandolo di sale e pepe, eliminare l’aglio e farlo intiepidire.
Con la forchetta, schiacciarlo fino a ridurlo a macinato, amalgamarvi un uovo e formare quattro palline. Appiattirle leggermente e passarle nel mix di pangrattato e farina di mais. Continuare fino ad aver esaurito tutto il pesce. Scaldare gli altri due cucchiai d’olio in padella e far rosolare i fishburger.
Se si preferisce, è possibile condirli con i due cucchiai d’olio e cuocerli in forno a 180° per circa 15-20 minuti. Servire caldi, ma sono buonissimi anche freddi, magari per farcire un panino 😉
Bello il tuo post, mi ci ritrovo in pieno…vivere in un mondo che non ci appartiene…
ottimi i tupoi fish burger!
baci bea
Ottima idea per cucinare il merluzzo, a casa mia infatti non è molto apprezzato, ma in questo modo forse lo mangeranno, proverò…buona serata!!
Grazie, Bea e Maria Luisa! Vi abbraccio 🙂