Non potevo appassionami, che so, alla contabilità e al nuoto? Oppure alle scarpe col tacco e al diritto civile? No, io i conti non li sopporto, nell’acqua alta annego, preferisco il rasoterra o addirittura i calzini e, quando mi arrabbio, voglio urlare con tutta la forza che ho nei polmoni, fregandomene dei vicini di casa. Sull’ultimo punto ci sto lavorando e in ogni caso sappiate che i miei vicini sono molto simpatici e pazienti 🙂 Fatto sta che io mi sono appassionata a cibo e cinema.
Dedico parti mai uguali della mia vita all’una e all’altra cosa, senza soluzione di continuità. C’ho l’anima divisa fra i titoli di testa e il ragù, capito?
Sembra facile, ma non è.
Prendiamo un film festival.
Anzi, prendiamo il Film Festival, il Torino Film Festival, che è quella settimana di novembre in cui tutti gli amanti del cinema della città si riversano nelle sale e sottovalutano la luce del sole da sabato a sabato.
Ovviamente partecipo al rito collettivo. Incastro gli orari sul programma, corro da una sala all’altra, scatto foto, scrivo, faccio le code. Mangio mandarini e crackers, mi riprometto che il giorno dopo almeno il pranzo lo farò a casa…e poi mangio mandarini e crackers.
Il fatto è che la prima proiezione è alle 9 del mattino.
Ci si alza quasi insieme al sole e si va in sala. Poi si va a vedere un film per per pranzo, un documentario per caffè, un classico della retrospettiva a merenda e la selezione dei corti a cena.
La sala cinematografica esclude il cibo: servono alimenti immediati, che non sporchino mani e vestiti, monoporzioni accompagnati da una velocità di masticazione invidiabile.
Si mangia nei 7 minuti e 30 secondi prima che cominci il film, comprensivi di sigla, per poi nascondere tutto appena compaiono i nomi delle case di produzione.
Se, come me, sei uno di quelli che mangiano in sala, il primo tipo da Festival che incrocerai è sicuramente FateSilenzio, quello che appena sente uno scricchiolio, si gira e ti fa: “SSSHHHTTTT!”, per otto volte, cn occhi minacciosi, sputacchiando ovunque e facendo ovviamente molto più rumore del tuo piccolo pacchetto di crackers.
Poi c’è lo Snob, il tipo numero 2.
Lo snob è quello per cui tre indizi non fanno solo una prova, ma una solidissima certezza.
Lo snob si articola in diverse combinazioni, ad esempio occhialetti + barba lunga + erre moscia. Eccolo lì.
Oppure: capelli incolti + guanti in pelle vera + pass sempre in bella mostra, anche quando fa la fila per il bagno.
Lo snob, quando aprirai il portapranzo per estrarre un mandarino, non dirà una parola.
Vi guarderà con sdegno e si abbarbicherà al bracciolo della poltrona più lontano, arricciando il naso. Starà lì con le gambe accavallate e la spina dorsale storta fino a quando non individuerà un suo simile e allora sentirai la sua voce lamentosa dire: “Ma l’hai visto il film cileno in gaaaVa? TeVVibile! Sono uscito dalla sala dopo mezz’oVa!”.
Ecco. In questo esatto momento te ne fregherai dello stomaco che ringhia e ti verrà voglia di tirargli tutti i mandarini addosso, violentemente.
Il terzo tipo umano da festival è il SimpaticoPiacione. Il simpaticopiacione è infimo, perché ti si palesa all’ultimo. Lo trovi in fila o già in sala e si avvicina quando, dopo 7 ore di proiezioni continuate, finalmente apri il tuo pacchetto di crackers. Tu non l’hai notato, ma lui è lì, ti fissa con un sorriso ebete sulla faccia. Non sai esattamente cosa fare, se ricambiare lo sguardo o tenerlo fisso allo schermo spento, ma questo non ha la minima importanza, perché in ogni caso arriverà un: “Fame, eh?”.
Sorriso di circostanza.
“Ecco come si fa a rimanere in forma, con i crackers! Eh, dovrei farlo anch’io…sei una giornalista?”
“Ah, ehm. No, non proprio. Sto lavorando per il Dams…”
Adesso io apro la bocca, gli mostro i cracker masticati e lo minaccio di ridurlo in poltiglia come loro.
Lo faccio, eh, giuro che….
“A me questo Festival dopo un po’ annoia. Dopo il film ti offro un caffè, se vuoi”.
“Guarda, devo proprio scappare, ho un’altra proiezione incollata a questa…”
“Ah, cosa vai a vedere?”
Inventarsi subito una sala, un orario e un titolo che non esistono.
“Ma sai che quasi quasi…ci stavo pensando anch’io…”
Buio.
Devo ricordarmi di tuffarmi nel cappotto e scappare all’ultima inquadratura, senza far partire i titoli di coda.
Infine, lei, la Sospettosa. Ha almeno una settantina d’anni ed è una signora piccola ed elettrica, con il giaccone color porpora. La trovi in fila, davanti a te, mentre stai sbucciando il solito mandarino. Lei si gira, guarda te, guarda il mandarino, riguarda te e poi ti fa: “Senta, io ho un biglietto bianco, non sono nella fila giusta. Secondo me devo fare quella là!”
“No signora, quella è la rush line, per chi il biglietto non ce l’ha proprio. La sua fila è questa, stia tranquilla…”
“Mmmh, dice?”
“Sì, certo…vede che abbiamo tutti il biglietto?”
“Il suo non è come il mio.”
“No, ecco è un biglietto blu, per gli accreditati, ma vale uguale…”
Guarda il mandarino, guarda te.
“Io non credo proprio. Là c’è meno gente, io devo andare in quella fila là!”
“Guardi, davvero…la rimanderebbero qui, si fidi…”
“Lei non mi sta dicendo la verità! Vado a chiedere a quel ragazzo laggiù!”
Un minuto e mezzo dopo, torna.
“Mi rimetto qui…”, fa.
La vitamina C abbassa la pressione sanguigna e aiuta a ritrovare la calma, vero? 😀
L’elenco potrebbe durare altre settantacinque pagine, sappilo. E io amo questo Festival incondizionatamente, tanto quanto poter tornare a infornare teglie di muffins appena finisce. Ogni tanto mi dico che dovrei scegliere: cinema o cibo. Invece sono qui, come le due metà esatte di una melagrana, a sanguinare di passione per entrambi, a tenermi stretti i chicchi fra i denti, “ogni chicco un desiderio“, prima di farli esplodere sul palato.
A quel che ne sarà di me ci penseremo poi, se no il post non finisce più 🙂
Detto tra noi, pare che il frutto del melograno faccia un gran bene al cuore (lo farà smettere di fare tutto questo casino?) e sia ricco di antiossidanti. Così posso non crescere più e non decidere proprio un bel niente.
Nel frattempo, qui ci sono dei muffins caldi da addentare, che oltre ad essere buonissimi, fanno un gran bene.Farina integrale, miele, niente burro, il succo e i chicchi della melagrana, ingrediente del mese di StagioniAMO. 5 minuti di preparazione, 20 di cottura e un dolce per ricominciare in bontà, dopo tutta la Bellezza del grande schermo.
MUFFINS INTEGRALI AL MIELE E MELAGRANA
Ingredienti per 8-10 muffins
200 g di farina integrale
80 g di miele (per me d’acacia)
2 melagrane abbastanza grandi
40 g di olio di mais
1 uovo
due cucchiaini di lievito per dolci
un cucchiaino raso di bicarbonato
Preparare gli ingredienti liquidi. In una ciotola, spremere il succo di una melagrana e mezza con lo spremiagrumi (dovrete ottenere circa 170g di succo). Aggiungere il miele, l’uovo e l’olio di mais. In un’altra ciotola, mescolate la farina insieme al lievito e al bicarbonato. Unire i liquidi alle polveri, senza mescolarli troppo.
Riempire gli stampi da muffins per 2/3 e competare con i chicchi della metà di melagrana non spremuta. Infornare a 180° per circa 20 minuti o finché non risulteranno dorati e asciutti alla prova stecchino.
Spassosissimi come sempre i tuoi racconti.hai tratteggiato proprio dei bei personaggi. Ahhhh i film festival. Bei ricordi.
Questi muffins sono meravigliosi! E anche natalizi.
Bacioni
Marzia, il prossimo anno dobbiamo assolutamente andarci insieme. E portarci muffin alla melagrana, preparati qualche giorno prima di sprofondare nel buio delle sale.
Grazie, Luna bella! Dovremmo tutti assistere ad un film festival all'anno, sarebbe un'ottimo passo verso la felicità…ti abbraccio forte! Tanti muffins per te :*
Siiiiiì, non vedo l'ora! E sicuramente mi serviranno la tua precisione ed il tuo ordine per farmi preparare in anticipo i muffins…però qualche mandarino contundente ce lo portiamo? Contro gli snob! 😉 ti abbraccio!