Natalie Goldberg dice che ci vuole un po’ prima che l’esperienza vissuta riesca ad arrivare alla coscienza.
Non possiamo descrivere esattamente una città in cui ci siamo appena trasferiti, una persona di cui ci siamo innamorati da poco, un cibo che abbiamo appena finito di mangiare.
È come se ci volesse del tempo, come se ci fossero tanti strati – prima l’epidermide, poi le ghiandole, le terminazioni nervose, la pellicola che riveste le ossa e poi sempre più in profondità, fino al posto dell’anima.
Mentre ci viaggia dentro, tutto si rimesta continuamente, tutto gira e rigira – lei lo chiama “fare la composta” – e dalla decomposizione, poi, nasce un terriccio nuovo, fertilissimo, da dove fioriranno poesie e racconti.
Ma, prima, ci vogliono tempo, pazienza e l’energia di continuare a rimestare.
Con questo piccolo spazio è andata più o meno così.
Non ho più scritto nulla per più di un anno.
Ho continuato a venirlo a trovare in punta di piedi, a cambiare gli articoli in homepage a seconda delle stagioni, come si fa con gli armadi.
Ho cercato le ricette quando non ricordavo più le dosi, ho riletto le storie che le accompagnavano, ho riso scuotendo la testa e a volte ho sentito gli occhi zuppi mentre scorrevo le righe.
Nel frattempo, ho mescolato esperienza: ho aperto un sito che ha il mio nome e racconta il lavoro che faccio tenendo strette la macchina fotografica e le parole, ho abitato la città, ho riso, parlato a lungo e bevuto qualche birra fresca, mi sono alzata presto e sono andata a letto tardi, ho spalancato le persiane ogni giorno e ho incontrato persone, comprato la verdura al mercato, camminato.
Insomma, le cose normali, cercando di mantenere gli occhi allenati alla meraviglia di ogni giorno.
Oggi riprendo il filo e voglio ripartire proprio da dove dice Natalie, dagli scarti, per provare a trasformarli. Non è una scelta casuale: è arrivato un tempo nuovo, strano, sospeso.
È ritornata la parola “pandemia“, che sul dizionario etimologico “propriamente vale come riunione di tutta la popolazione“, ma ognuno riunito con le peggiori e le migliori versioni di sé, nello spazio tra la camera da letto e il balcone, quando il balcone c’è. In caso contrario, si arriva fino alla cucina e poi si trotterella indietro. Siamo in casa da oltre cinquanta giorni: è un’occasione, un modo diverso di sentirsi vivi, una prova di r-esistenza.
Se penso al lavoro extra di caffettiere e teiere in questi giorni, vorrei dare una carezza a tutte, una per una.
Sono sempre le piccole cose, i gesti quasi automatici, gli odori che conosciamo a farci appoggiare per tenerci su. E così, se chiudo gli occhi, mi immagino il caffè che borbotta, le bustine che galleggiano nelle tazze, i cucchiaini che tintinnano, le labbra che si posano sui bordi, quello superiore che si alza di poco per soffiare.
Che cosa ne faremo, di tutte le macerie che ci portiamo dentro, di quelle che cerchiamo di affondare e poi tornano a galla, delle nostre teste piene?
Per questo non esiste risposta o, se c’è, io proprio non la conosco.
Però possiamo provare a prenderci cura degli altri scarti, quelli che lasciamo quasi senza accorgercene.
Riutilizzare i fondi del caffè
- Sono un ottimo deodorante naturale: possono essere tenuti in un bicchiere aperto in frigorifero. Se tieni un sapone per le mani in cucina, puoi aggiungerne uno o due cucchiai e shakerare bene il contenitore: ti aiuteranno a togliere l’odore di cipolla, aglio o pesce dalla pelle, oltre ad avere un leggero effetto peeling.
- I granelli della polvere di caffè sono fantastici per lo scrub settimanale!
Per prepararlo ti serviranno:
3 cucchiai di fondi di caffè
3 cucchiai di sale fino
6 cucchiai di olio (di semi di girasole, di mandorle o anche olio d’oliva)
Bagna bene la pelle sotto la doccia e poi passa lo scrub su tutto il corpo, specie nelle zone dove senti la pelle più ruvida (talloni, ginocchia, gomiti).
Lascia in posa per cinque minuti prima di sciacquare bene. - I fondi di caffè sono ricchi di calcio, azoto, potassio e magnesio: tutti minerali preziosi per la crescita delle piante. Una volta al mese, possono diventare un ottimo fertilizzante naturale se lasciati in infusione per qualche ora nell’acqua con cui bagneremo i nostri vasi. Inoltre, sono un rimedio naturale per tenere lontani vermi, lumache, formiche e chiocciole: creare un cerchio intorno ai vasi coi fondi del caffè non farà avvicinare gli insetti alle piante.
Trasformare le bustine del tè usate
- C’è una cosa importantissima che ho imparato da Rosalia, la mia tea sommelier preferita: se un tè è di buona qualità, sopporta più di un’infusione 💚 così possiamo utilizzarlo a colazione e anche per la pausa merenda.
- Utilizzare il tè come ultimo risciacquo sui capelli li rende lucidi e morbidi: servono 2 bustine usate in un litro d’acqua, lasciate in infusione per un paio d’ore.
- Le bustine di tè, meglio se di tè verde, sono ottime per gli occhi stanchi, specialmente in questi giorni in cui si passano moltissime ore davanti agli schermi: occorre bagnarle sotto l’acqua fresca e poi metterle in un piattino per mezz’ora in frigo.
Appoggiale sugli occhi chiusi senza premere, rilassati per almeno quindici minuti e poi sciacqua con acqua tiepida…andrà molto meglio!Attenzione! Se il tuo tè non è un tè puro, ma aromatizzato controlla bene gli ingredienti prima di appoggiare le bustine sugli occhi. Vanno bene i fiori come la camomilla, la calendula, la lavanda, la malva, ma anche altri ingredienti come foglie di menta, finocchio, limone, zenzero. Cannella e peperoncino sono sconsigliati, potrebbero irritare. - Le bustine di tè nero sono ottime per pulire e far brillare il legno scuro:
4-5 bustine di tè nero
500 ml di acqua
100 ml di aceto
una goccia di detersivo ecologico per piatti
3 gocce di olio essenziale di lavandaFai un infuso e lascialo raffreddare. Aggiungi l’aceto e, per ultimo, l’olio essenziale di lavanda. Trasferisci tutto in uno spruzzino e utilizza uno strofinaccio in cotone per pulire. Io lo uso per tavolo e sedie in terrazzo ed è davvero efficace! - Una volta esauste e riutilizzate, le bustine di tè possono essere aperte e aggiunte al terriccio dei nostri vasi come fertilizzante. Se le bustine sono ecologiche, le puoi interrare perché si decomporranno facilmente e rapidamente.
Un altro insegnamento prezioso che mi ha regalato Rosalia è cercare di acquistare tè sfuso: sarà sicuramente un tè composto principalmente dalle foglie integre, mentre quello in bustina è composto da foglie spezzate o, per i tè di più bassa qualità, da polvere di tè. Più i pezzi sono piccoli, maggiore è la superficie esposta all’aria e, quindi, la perdita di sapore.
La mia linfa da quarantena è il tè matcha in foglie (che innaffia pane fatto in casa + composta di mirtilli!) e ho risvegliato le foglie stanche dall’infusione con qualche foglia di lavanda, un paio di ciuffi di menta, il sapore tondo delle mandorle e la freschezza delle zucchine, per un pesto bizzarro in giorni che lo sono di più.
Ho frullato tutto per “trasformare gli scarti in poesia e racconti”, per assaggiare un sapore completamente nuovo in un tempo diverso e continuare a credere che, forse, qualcosa può cambiare per davvero.
RADIATORI AL PESTO DI FONDI DI TÈ VERDE, LAVANDA E ZUCCHINE
Ingredienti per due persone:
due cucchiai di foglie di tè verde
una zucchina
10 mandorle
qualche foglia di lavanda (non esagerare, ne basta davvero poca)
5 foglie di menta
olio extravergine d’oliva
3 cucchiai di parmigiano grattugiato (facoltativi)
200 g di radiatori (ma anche fusilli o penne rigate)
Fare un infuso con il tè verde nell’acqua dove cuocerai la pasta. Recuperare le foglie con l’aiuto di un colino e metterle in un boccale a bordi alti.
Tagliare la zucchina in 4 parti, nel senso della lunghezza ed eliminare eventuali semi interni.
Lavare le erbe, spezzettarle e aggiungerle al boccale insieme alla zucchina a pezzetti e al tè. Se si decide di utilizzare il parmigiano grattugiato, metterlo nel boccale e frullare brevemente con il frullatore ad immersione, aggiungendo olio a filo fino a formare una crema).
Aggiustare di sale e pepe. Cuocere la pasta e condirla con il pesto, servire calda (i fiori in fotografia sono fiori di malva).
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