Il Natale io me lo immagino al nord che più nord non si può. Più o meno vicino alle sue renne, con la slitta parcheggiata sotto la tettoia. Me lo immagino bianco, con la stufa che scricchiola, la neve fuori – lei molto fuori e io molto dentro – il sidro nel bicchiere, qualcosa di caldo e saporito sul fuoco, le calzone spesse, il legno, il profumo che fanno le coperte di lana.
Sotto questa mia pelle scorrono litri di vin brulé di generazioni passate, alpi negli occhi, suoni di consonanti scempie e di vocali allungate. Se dovessi dire a che posto appartengo, sarebbe un posto che ha sullo sfondo delle montagne, delle rocce così grandi che riescono sempre a ridimensionarmi e a farmi capire che sono solo un minuscolo essere umano, una parte del tutto, un chiodo di garofano, il più piccolo, sulla ricetta intera.
Eppure.
Eppure quest’estate mi sono inzuppata nel Mediterraneo più del solito. Anche se non so nuotare e, quando penso all’acqua salata, la prima che mi viene in mente è quella dove butto la pasta.
Eppure ogni anno ho bisogno di tornare a Portopalo di Capo Passero, che più a sud non si può, e di sentire la terra battere sotto il sole e sotto i piedi.
Eppure le arance non crescono a più di 350 metri sul livello del mare e io potrei anche non sopravvivere ad un inverno senza arance.
Eppure c’è qualcosa che mi frega sempre e che mi fa venire voglia di scendere dal trenino di chi sceglie per salire su quello di chi ha deciso di farsi investire di meraviglia, a qualsiasi latitudine.
Non è mica una mera questione geografica. Ci sono diatribe eterne e schieramenti talmente rigidi e definiti da rasentare il ridicolo.
Preferisci il dolce o il salato?
Sei un tipo da libro o da tv?
La campagna o la città?
Gonna o pantaloni?
Beatles o Rolling Stones?
Salato, ma subito dopo mi piglia voglia di dolce.
Libro, ma va quasi sempre a finire che mi abbiocco sul divano con la tv che urla.
Campagna, ma non potrei abitare in una città più giusta di questa, qui e ora.
Pantaloni, ma nessuno mi tocchi i vestitini d’estate, indosso solo quelli.
Penny Lane, ma poi parte Brown Sugar e son cazzi.
Scegliere può essere sacrosanto e tremendamente stupido. Qualche volta è contemporaneamente entrambe le cose. Mi piace di più scrivere o fotografare? Mi fanno sentire viva tutti e due, in modo diverso eppure simile, ho doppie (triple?) vite professionali che ho deciso di inserire nella stessa scatola. La apro ogni giorno, la guardo con la testa piegata da un lato e la fronte aggrottata, perché l’unità tra i vari pezzi è faticosa, a volte quasi impossibile. Tutto oscilla, è in continuo divenire, si allarga a dismisura e poi scompare. “A unirli è il fatto che sono tutti opera tua“, mi hanno detto un giorno. Ci ho creduto così tanto che ho rimesso il mento in linea con l’ombelico, espirato e lasciato tornare la pelle al suo posto.
Tra tutte le figure retoriche, l’ossimoro è sempre stata quella che mi ha affascinato di più. Tutto può essere il suo contrario e viceversa. Ci sono silenzi eloquenti, realtà virtuali, lucide follie, c’è Bitter Sweet Simphony , che sembra non finire mai e invece finisce sempre troppo presto.
Devo scegliere? Devo SEMPRE schierarmi? Devo urlare a pieni polmoni il mio granitico credo, tirare fuori verità dalle tasche, che poi non sono vere proprio per niente?
E se volessi l’uno e l’altro? Settanta di uno e trenta dell’altro. Tutto di entrambi. Un pizzico di qua e due litri di là. E se non volessi niente di niente?
Oggi ho preparato un sidro che ha profumato di spezie tutta la casa e che mi permette di stare nella posizione invernale che più amo: con le mani intorno al tazzone bollente. Sento che mancano gli ultimi quindici giorni di questo 2017 pazzesco, li sento tutti lì, loro pronti ad arrivare e io che non sono proprio pronta, come ogni volta, a far diventare quest’anno un semplice riferimento temporale, una raccolta di aneddoti, a farlo diventare “l’anno che“.
Vorrei tenermelo ancora un po’, mentre bevo e guardo i tetti di Torino bianchi di neve.
Potrò curiosare il 2018? Buttare un occhio e poi decidere se mi piace, se mi puzza, se metterci solo mezzo piede dentro e tutto il resto del corpo di qua? Questa volta mi sa che di scelta non ne ho proprio, altro che le righe storte scritte qua sopra.
Oggi avevo voglia di dire a te che stai leggendo un po’ di cose, facendo toccare le tazze insieme.
Cin cin, prima di tutto.
Poi che siano ultimi giorni pieni, veri.
Che tu possa mantenere il mento dritto, le spalle rilassate, gli occhi aperti e pronti.
Che tu possa sentire la totale libertà di scegliere o di non scegliere affatto, di provare tutto, di immergerti in esperienze sempre nuove, di esplorare o di decidere di stare solo a guardare, per questa volta.
Che ogni tuo passo sia consapevole e leggero, che tu possa sempre trovare un pezzo di meraviglia in ogni giornata. Per quei giorni un po’ più gelidi – che inevitabilmente capiteranno – ti auguro di trovare un sidro capace di riscaldarti da dentro, fino alla punta dei piedi e di darti la giusta dose di energia per ricominciare. Oggi ti lascio questo, che è incredibilmente buono e tonificante.
Puoi prepararlo in bottiglia e regalarlo già caldo, oppure separare gli ingredienti solidi, metterli in un sacchettino di cotone e legarli al collo di una bottiglia di succo di mele: si conserveranno per una decina di giorni a temperatura ambiente, così chi lo riceverà potrà prendersi tutto il tempo per preparare il suo sidro caldo, esattamente al momento giusto.
SIDRO CALDO
CON LIQUIRIZIA E SPEZIE
(dal libro “In cucina, naturalmente”)
Ingredienti:
1,5 litri di succo di mela 100%
la buccia di un’arancia naturale
4 fettine di zenzero fresco
1 stecca di cannella
un cucchiaino di chiodi di garofano
1 cucchiaino di semi di cardamomo
1 stecca di liquirizia
Pestare nel mortario i chiodi di garofano con il cardamomo. Spezzettare le stecche di cannella e di liquirizia grossolanamente, aggiungere la buccia dell’arancia e lo zenzero. Mettere tutti gli ingredienti in una pentola insieme al succo di mela e portare ad ebollizione a fuoco vivace. Abbassare la fiamma e cuocere a fuoco lento per 20 minuti con il coperchio leggermente spostato. Trascorso il tempo, spegnere e lasciare in infusione per 10 minuti. Filtrare e servire il succo molto caldo.
PER IL PREPARATO: inserire tutte le spezie pestate in un sacchettino di cotone, aggiungere la buccia dell’arancia, la cannella e la liquirizia. È meglio utilizzare lo zenzero essiccato, nella stessa quantità per fare in modo che il preparato si mantenga più a lungo. Allegare le istruzioni e la data di “scadenza”: 10 giorni dal confezionamento 🙂
Questa bevanda dev’essere davvero molto buona!
Siiiì, Franca…sa di inverno, Natale e coccole sotto il plaid! 💚 Grazie! Un abbraccio e buone feste!